Ricevo e pubblico l'estratto di un interessante articolo relativo a una slum di Kathmandu, conosciuta con il nome di Landless Community. È un piccolo frammento di Nepal, un breve viaggio tra gli adulti, i bimbi, le mura di una scuola, i rifiuti, le difficoltà, l'umanità e le contraddizioni di questo ― troppo spesso ― sofferente paese.
L’8 maggio era un martedì. Erano da poco passate le 4 quando le sirene della polizia hanno urlato alle famiglie di Paurakhi l’ordine di abbandonare le proprie case, raccogliere l’indispensabile e lasciare campo libero ai bulldozer. In poche ore il terreno è tornato allo Stato e ai progetti dello ‘UN Park’. Il mattino seguente accompagno F. che vuole vedere con i suoi occhi cosa è successo e capire cosa succederà da quel momento in avanti. Non è più necessario entrare da uno dei due ingressi perché ora le case che davano sulla strada non esistono più. Con attenzione ci arrampichiamo sui mattoni, una donna ci racconta la notte passata e una folla ci accompagna verso la scuola. In terra di tutto, acqua stagna, pentole di riso con le mosche sopra, letti coperti da teli di plastica, quaderni, vestiti. La scuola è stata demolita per prima, quasi fosse necessario ribadire che nello slum non ci sono diritti di alcun tipo, nemmeno quello di imparare. Tra le macerie, su un muro rimasto in piedi per metà è attaccato un disegno. Un disegno di R., una bambina con l’espressione quasi sempre arrabbiata, grave, seria, una bambina difficile. Tutt’intorno a quel disegno, la distruzione. Dall’altra parte del fiume il traffico di Patan.
L'articolo completo a questo indirizzo: Nepal. Sei mesi tra i landless di Kathmandu.
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