[English version below]
Sono partito quasi un anno fa con un trolley e uno zaino stracolmi, ma le valigie più pesanti le avevo riposte nel cranio e nel torace. Prima di arrivare in Nepal avevo tante aspettative, qualche paura, mille desideri e la speranza di intraprendere un percorso fruttuoso dal punto di vista umano e lavorativo.
Lungo la strada ho incontrato persone di ogni tipo, età e casta: ricchi commercianti e umili venditori, bramini e intoccabili, monaci, preti induisti, guide alpine, portatori, insegnanti, tassisti, bibliotecari. E loro, i miei bimbi speciali.
In questi lunghi mesi ho prestato servizio presso il centro per bambini e ragazzi con disabilità mentali di Patan. Ogni mattina in cui mi soon recato a scuola ho attraversato una delle piazze più belle del Nepal, Patan Durbar Square, Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO, fino a varcare la porticina di un edificio a due piani, ricco di cartelloni colorati, pile di giocattoli e simpatiche famiglie di topi.
Credo che il vero artista si distingua dall'uomo della strada per la creatività, la fantasia, il rifiuto dell'omologazione, la capacità di pensare in maniera alternativa, originale, diversa e per l'abilità di suscitare emozioni. Ecco, in questo senso i miei bimbi speciali sono senza alcun dubbio gli artisti migliori che io abbia incontrato in Nepal.
Questi ragazzi mi hanno preso per mano e nel corso dei mesi ci siamo sostenuti a vicenda. Io ho offerto loro tutto ciò che avevo: idee, giochi, attività motorie, laboratori manuali, musica, balli, canti e tanta, tanta passione. Loro hanno contraccambiato giocando con me, qualche volta vomitandomi e smoccolandomi addosso, regalandomi abbracci giganti e disegni meravigliosi, permettendomi di esserci quando stavano bene e quando stavano male, quando sorridevano e quando piangevano, nella loro spontaneità e con grande dolcezza.
Più di una volta ho guardato alcuni di loro negli occhi, sentendo una morsa atroce nel petto e chiedendomi cosa avessimo di tanto diverso, in fondo, se non un cromosoma in più o in meno, un biglietto col numero giusto o sbagliato alla lotteria della vita.
Mentre li saluto con un filo di voce, mi conforta e mi addolora sapere che per alcuni di essi la parola "addio" non ha valore, che la loro esistenza continuerà placida e turbolenta come ogni giorno. Altri invece, timidamente mi abbracciano e per l'ultima volta mi dicono "Namaste sir". E mentre mi allontano dalla scuola sotto la pioggia mi ritrovo ancora a chiedermi se sono davvero riuscito a donare loro qualcosa per ricambiare tutto il bene che ho ricevuto.
Le lancette corrono e i bagagli sono più pesanti di quando sono arrivato: dentro c'è tanta roba nuova e tutto ciò che avevo con me all'andata. Quasi tutto. Il cuore no: quello è un dono per i miei bimbi speciali...
____________
[English version]
I left almost one year ago with a trolley and a backpack completely full, but the heaviest luggages were hidden in my head and my chest. Before my arrival in Nepal I had many expectations, some fears, a thousands wishes, and the hope to start a fruitful journey for myself and my career.
Along the way I met people of different type, age and caste: wealthy merchants and street vendors, brahmins and untouchables, monks, hindu priests, alpine guides, porters, teachers, taxi drivers, librarians. And them, my special children.
During these long months I worked at the centre for kids with mental disabilities of Patan. Every morning that I went to the school I walked through one of the most beautiful squares of Nepal, Patan Durbar Square, a UNESCO World Heritage Site, till I reached the small door of a two-storey building, rich of coloured posters, piles of toys and funny families of rats.
I believe that the true artist differs from the man of the street for his creativity, fantasy, the rejection of uniformity, the capability to think out of the box, in a different and original way, and the ability to arouse emotions. Well, in this sense my special children are without any doubt the best artists that I met in Nepal.
These kids took my hands and during the months we sustained each other. I offered them all I had: ideas, games, activities, laboratories, music, dance, songs and a huge quantity of passion. They have played with me, sometimes they puked or cleaned their noses on me, they gave me giant hugs and beautiful drawings, and they allowed me to be there when they were fine and when they were bad, when they were smiling and when they were crying, in their spontaneity and with great tenderness.
More than once I looked deep into their eyes, feeling a strong grasp in my chest and asking myself what difference we really have, if not just a chromosome, a ticket with right or wrong number in the lottery of life.
While I say goodbye with a weak voice, I take both comfort and grief in knowing that for some of them the word "goodbye" has no meaning, that their life will continue quiet and stormy as always. Others, instead, timidly hug me and say for one last time "Namaste sir". And while I depart from the school under the rain I'm once again asking myself if I actually managed to leave them something to reciprocate all the goodness that I received.
Time runs fast and my luggages are heavier than when I arrived: there's a lot of new stuff inside and everything I had with me at my arrival. Almost everything. Not my heart: that is a gift for my special children…
0 commenti:
Posta un commento